Quando la passione per l’arte bianca
diventa un evento
Dopo
il successo del primo evento in assoluto dedicato
interamente alla degustazione guidata del pane con in abbinamento oli
selezionati, companatico creato su misura e infine vini e birre per completare
l’esperienza sensoriale, Pane e Tempesta, che ha ideato il percorso
degustativo, ha deciso di replicare.
Nella
degustazione, che si è svolta mercoledì 25 maggio, ci sono stati proposti sempre gli 8 tipi
di pane che sfornano quotidianamente Fabrizio Franco e Omar Abdel Fattah,
abbinati ad una selezione di oli extravergini di qualità a cura dell'esperta Simona Cognoli di
Oleonauta
e ai formaggi di capra di una fattoria biodinamica a Montefalco,
a cura di Massimiliano Massetti.
Sempre Massimiliano ha pensato anche agli abbinamenti con il vino, proponendo al giudizio degli ospiti i vini dei Colli Euganei (Veneto).
Ogni
portata è stata accompagnata da spiegazioni dettagliate riguardanti i grani
antichi usati, il tipo di farina, il metodo di lavorazione, la lievitazione e
il perché della scelta degli abbinamenti. Non è mancato ospite d’onore della
serata: Fabrizio Fazzi dell'azienda dell'Olio Principe Pignatelli
di Monteroduni, olio che è stato abbinato a più piatti.
Abbiamo degustato:
1. Pane sciapo (robiola crosta fiorita, pachino
arrosto, origano selvatico di Palermo)
Olio evo monovarietale Tonda Iblea di Agrestis,
Sicilia
Olio evo
Principe Pignatelli
3. Grano duro Timilia (peperone arrosto, zenzero, oliva nera
di Gaeta)
Olio evo monovarietale Nocellara del Belice di
Tenute Librandi, Calabria
Olio evo
Principe Pignatelli
Olio evo monovarietale Ogliarola Karpene di Pietra
Santa, Puglia
6. Fermentazione spontanea su 4 grani (robiola fresca tomino,
pesto di basilico)
Olio evo monovarietale Itrana, Olitrana di Gregorio De Gregoris Lazio
Olio evo Principe Pignatelli
Olio evo
Principe Pignatelli
Pane e Tempesta è oramai un’affermata
realtà romana nel cuore di Monteverde, nata un anno e mezzo fa per volontà di Fabrizio
Franco e Omar Abdel Fattah.
Non è un locale come tanti, è una pizzeria gourmet con una filosofia tutta particolare, fatta di pane, pizza, credenza e condivisione.
Non è un locale come tanti, è una pizzeria gourmet con una filosofia tutta particolare, fatta di pane, pizza, credenza e condivisione.
Il successo di Pane e Tempesta non è casuale.
Qui si usano prodotti di primissima scelta come farine ricavate dai grani
antichi italiani, provenienti dall'agricoltura biologica. Per
citarne alcuni: Tumminia (o Timilìa), Senatore Cappelli, Farro Monococco, Bidi, Madonita,
Grano Saraceno Tartarico, prodotte dalle aziende Molino SIlvestri (Umbria), Az.
Agr. Poggi (Lazio), Molino del Ponte (Sicilia), Molino Grassi (Emilia Romagna),
CalabriaCanapa (Calabria). L'elenco dei pani sfornati quotidianamente è notevole:
pane al farro, di grano tenero integrale, ai semi, pane di segale, di grano
duro del Faraone, canapa e molti altri. Inutile dire che i pani sono fatti
nella gran parte dei casi con il lievito madre.
Lievito che ci è stato anche regalato e sapremo farlo fruttare:
Ultima novità è il pane a fermentazione spontanea, ovvero, il pane senza lieviti aggiunti, che parte grazie ai lieviti endemici della segale.
Tutto questo è dovuto alla ricerca e allo studio di Fabrizio Franco, innamorato perso dell'arte della panificazione. "Il pane spontaneo in questo momento rappresenta un'energia nuova che ci consente di orientarci verso il futuro senza il peso del passato", dice Fabrizio, entusiasta come non mai del nuovo traguardo raggiunto.
Lievito che ci è stato anche regalato e sapremo farlo fruttare:
Ultima novità è il pane a fermentazione spontanea, ovvero, il pane senza lieviti aggiunti, che parte grazie ai lieviti endemici della segale.
Tutto questo è dovuto alla ricerca e allo studio di Fabrizio Franco, innamorato perso dell'arte della panificazione. "Il pane spontaneo in questo momento rappresenta un'energia nuova che ci consente di orientarci verso il futuro senza il peso del passato", dice Fabrizio, entusiasta come non mai del nuovo traguardo raggiunto.
Il nome del locale è ispirato all'omonimo libro di Stefano
Benni. "Pane e tempesta" è una sorta di favola per adulti, che
tende a superare il limite del reale confondendolo con il mondo fantastico. In
una sola frase si racchiude tutta la storia di Fabrizio e Omar:
"E anche se il vento ci soffia contro, abbiamo sempre mangiato pane e tempesta, e passeremo anche questa."
"E anche se il vento ci soffia contro, abbiamo sempre mangiato pane e tempesta, e passeremo anche questa."
La loro filosofia? È la condivisione. Di
tutto: del lavoro, del sapere, del mangiare.
Fabrizio Franco viene da una lunga
serie di esperienze nel campo della ristorazione e della pasticceria, per
arrivare infine alla panificazione, la sua vera passione. Dopo aver lavorato in
alcuni ristoranti romani, come Il Dito e la Luna, Fabrizio ha passato un
lungo periodo a fianco del grandissimo pasticcere Rolando Morandin, ha lavorato
con noti personaggi romani come Marco Rinella (Cristalli di Zucchero) e
Gabriele Bonci (Panificio Bonci) e qualche anno fa ha aperto l'oramai famoso
forno/pizzeria Farro Zero, dove ha conosciuto Omar. L'esperienza è servita
ad entrambi (Fabrizio e Omar, ndr) per arrivare ad una decisione importante:
aprire un locale insieme, basandolo su una filosofia di condivisione, di
passione e di amore per il mestiere e per il pane.
Omar, che ha conosciuto Fabrizio,
appunto, nella sua precedente attività, l’aveva accompagnato fianco a fianco
durante tutto il percorso, e ora che hanno aperto il loro sogno, Pane e
Tempesta, si sente davvero felice perché ha sempre le "mani in pasta”. “Pane e Tempesta, dice Omar, è
molto di più di una semplice pizzeria, è la stessa visione del lavoro comune, è
la costruzione del nuovo concetto di pizza, è l’orgoglio di essere artigiano.
E’ stabilità, concretezza, ambizione, realizzazione, serenità e creatività, è
la vita stessa, dedicata alla ricerca delle nuove tecniche di lavorazione e
all’equilibrio di sapori. E’ la qualità dell’approccio umano verso la
trasformazione delle cose, dal seme che diventa grano alla farina che diventa
pane”.
Tutte le foto della serata nell'album Pane e Tempesta su Flickr.
Tutte le foto della serata nell'album Pane e Tempesta su Flickr.
Pane e Tempesta
via Giovanni de Calvi 23/25
06 8772 5015
panetempestaweb@gmail.com
Daniela, purtroppo pare che anche tu sia incappata in questa onda di malainformazione dilagante, che riguarda i grani antichi. Purtroppo si gioca molto sull'ignoranza della gente e questo è un male perchè la si inganna.
RispondiEliminaE' parecchio tempo che in tanti stiamo cercando di ristabilire la verità su questa storia, fomentatasi soprattutto in Sicilia. Al riguardo di questi grani, ne ha scritto anche Dario Bressanini più volte, recentemente a fine marzo.
Definire il Senatore Cappelli un grano antico è una stupidaggine colossale, essendo un grano nato dalle ibridazioni del genetista Nazareno Strampelli a Rieti intorno al 1919 e da lui dedicato al Senatore Cappelli, appunto, per un rapporto personale di riconoscenza che aveva con lui. Questa semente fece parte della Battaglia del Grano del 1923, quindi distribuita al Sud insieme ad altre sementi di grano duro.
Di scienza, si considerano grani antichi o primitivi i monococchi, cioè i cereali diploidi, ovvero con due filamenti di DNA. Già il grano duro, tetraploide quindi, non è considerato tale. Il grano tenero, esaploide, meno che mai, quindi.
Inoltre, il concetto del "prima era meglio" è errato in tutto, da questo punto di vista: la Natura si adatta, quindi i cereali primordiali, pur ammettendo che siano rimasti esattamente uguali, non sono egualmente protetti dagli agenti patogeni attuali, cosa che è uno dei loro punti di debolezza maggiori.
Non mi va di farla troppo lunga, ti conosco e so che sei persona di scienza, quindi non ci metterai molto a capire la cosa ed ad andarti a documentare.
Sarebbe ora di finirla di dire le cose così, senza basi, anche solo se fosse in buona fede come sono certo che facciano alcune persone che conosco. Purtroppo non sono tutte ed i guai e gli inganni fioccano. Cerchiamo di non propagarli proprio noi che, magari, qualcosa di più ne possiamo capire.
Ognuno la pensa come meglio crede! Se si tratta di Senatore Capelli varietà Acrux e non grano creso, quello modificato, siamo su un grano antico, ed esiste eccome, così come il Rieti, il saragolla, perciasacchi, Tumminia, kronos, madonita, Maiorca, miracolo ecc, tutti grano tra l'altro conservati e depositati negli istituti di agraria. Poi che gli anni, le stagioni siano cambiate dando caratteristiche diverse non lo si scopre certo oggi, come del resto evolutivo è un grano incrociato in coltura attraverso l'innesto delle spighe come si fanno gli incalmi agli alberi da frutta ad opera di un esperto catanese! Questo è il caso del grano evolutivo dove gli incroci fra spighe di circa 2000 varietà sono circa 1200!! Vi sembra poco? Cosa vogliam dire che Giuseppe li Rosi non sa ciò che fa? O che prende in giro la gente? Non certo sono io a dirlo questo è mai lo farò visto che ci credo ciecamente in questo progetto! Di certo c'è, che ogni volta
RispondiEliminaqualche professionista come questi ragazzi di Pane e tempesta presenta una farina di ieri, o meglio di grani antichi, puntualmente c'è sempre chi è contrario o scettico perché legato alla modernità !! Questo è il mio pensiero. Un po come grandi guru, che sostengono non esiste la farina integrale al 100%!! Mah!!������ W la pizza è viva i grani antichi!
Quando si parla di Senstore Cappelli come grano antico sono d'accordo con il Sig. Lungo, non lo è poiché è un incrocio tra varietà tra L altro nemmeno fatto in italia ma in Tunisia.
RispondiEliminaIl cappelli è un incrocio tra un grano " autoctono" del centro Italia ed una varietà "autoctona" della Tunisia, questo grano si è poi adattato in varie parti d Italia per cui oltre non poter essere considerato "antico" non può essere considerato neanche "autoctono" anche se le proprietà nutrizionali sono buone.
Vero è che il Monococco è la pianta progenitrice di tutti i grani per cui ha diritto ad essere considerata la più "antica" ed anche quella con le caratteristiche nutrizionali più interessanti, anche se oggi non si può più trovare il territorio "autoctono" di produzione come nel caso dei grani siciliani.
Timilia, Maiorca, Russello, Perciasacchi sono grani "autoctoni" detti anche grani antichi, e se parliamo di storia di conservazione, bene si fa a considerarli tali perché sono rimasti dove sono sempre stati, mentre se a livello scientifico scendiamo nei dettagli potrebbe anche avere una valenza ciò che si sostiene quando si parla del adattamento al clima ed ai giorni nostri.
Del resto noi stessi siamo la stessa cosa che erano i nostri avi ? Ci siamo evoluti pur discendendo dalle generazioni passate, ci siamo adattati pur mantenendo i nomi ed i cognomi, ma non ci consideriamo antichi, forse in alcuni casi " autoctoni" è la parola più corretta.
Se poi parliamo di evolutivo parliamo di un grano che di antico non ha assolutamente nulla, è corretto chiamarlo incrocio tra varietà ( quasi del tutto moderne ) un ottimo lavoro fatto dalla natura che come sempre ha da insegnarci.
Non esistono guru ai tempi odierni e ne salvatori della patria.
Possiamo solo dire che c'è gente che in passato ha lavorato seriamente per fare arrivare a noi le " vecchie varietà " e che crede in ciò che fa.
Gente che ancor prima dei vari Guru e custodi di semi odierni nati come funghi al giorno d oggi, così come la selva di mugnai che moliscono a pietra ( penso che in Sicilia siano solo 2/3 a poter vantare una storia in tal senso ). È alla stazione sperimentale di granicoltura di Caltagirone, ai vari cra, a quelle persone che negli anni hanno lavorato lì per conservare tutta quella biodiversità a cui va dato il merito se oggi noi possiamo "parlare" di grani antichi ..... Meglio sarebbe definirli " autoctoni ".
Va fatta molta chiarezza e sopratutto dovrebbe emergere la serietà delle aziende e non la vorace voglia di protagonismo che aime non ci fa " evolvere " nella maniera corretta !
Il Grano Duro Cappelli non è un ibrido e tantomeno un incrocio tra un grano “autoctono” del Centro-Italia ed una varietà Tunisina, ma è stato ottenuto dal grande Strampelli per selezione genealogica della popolazione nord-africana “Jenah Rhetifah”.
RispondiEliminaCioè, selezionò la spiga più “bella e produttiva” e la riseminò e selezionò fino a fissarne i caratteri che lui intendeva riprodurre in maniera stabile.
Questa selezione, sotto il nome di Senatore Cappelli, fu coltivata nel centro Italia.
Un ricercatore siciliano, che mi perdonerà se non ricordo il nome, sempre dalla stessa popolazione di grano duro Jenah Rhetifah, selezionò, invece, il Margherito, che prese nome dalla contrada omonima, nelle vicinanze di Ramacca CT dove fu riprodotta per i primi anni e poi diffusa in tutta la Sicilia.
E questo per onor di cronaca e per iniziare a parlare seriamente di grano.
Il termine “antico” è un termine usatissimo per indicare i grani che Marco Lungo e Suffia citano: Rieti, Saragolla, Perciasacchi, Tumminia, Kronos (kronos è però una costituzione in questo caso moderna) Madonita, Maiorca, Miracolo (del Miracolo).
Ma il termine antico, dagli esperti del settore, viene definito inesatto, perchè tra 300 anni, per esempio, anche i grani che noi oggi chiamiamo moderni potranno essere denominati antichi.
Il termine “autoctono” usato da Suffia, invece, è anch'esso erroneo perché i grani “antichi” siciliani non si sono originati in Sicilia, ma sono arrivati in Sicilia 5-6000 anni fa dopo essersi originati in una hot spot che coincide con l'area del Mediterraneo, specialmente i grani duri.
La parola che viene usata tra noi agricoltori custodi, invece, per definire questi grani, è LOCALE, “grani locali”. Questa definizione elimina qualsiasi riferimento temporale, che è un parametro relativo, poi, non ha la presunzione di essere titolare dell'origine, dopo, è distintivo nei confronti dei grani costituiti dai sementieri o delle transnazionali chiamati oggi moderni ed infine, lega la popolazione del frumento al territorio, alla terra in cui si è evoluto.
Per quanto riguarda il grano che Suffia chiama evolutivo e che presumo voglia indicare “il miscuglio” a cui sto lavorando personalmente da 5 anni insieme allo scienziato Ceccarelli e a decine di altre aziende in Italia e all'estero, NON E' UN INCROCIO , ma è un miscuglio tra migliaia di varietà locali e di nuova costituzione e di incroci raccolti in Siria da tutto il mediterraneo.
Questo è un metodo partecipativo dove uomini di scienza e agricoltori collaborano, ognuno con le proprie competenze, a ricercare la semente adatta alla propria azienda. Poi pare che la farina abbia anche delle ottime caratteristiche reologiche e pare pure che abbia anche un'ottima digeribilità.
In Sicilia, per fortuna i contadini conservano semi locali da sempre, e non solo di cereali tramandati addirittura con la dote ricevuta in matrimonio di generazione in generazione.
Ora possiamo iniziare a parlare!
Spiegazione limpida e chiara e completa. Grazie per aver arricchito con questa chicca il mio bagaglio culturale professionale.
RispondiEliminaRingrazio tutti dei commenti che mi hanno permesso di approfondire un po' l'argomento.
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