Più che latte "vero" lo definirei semplicemente "latte". Sì, perché la maggior parte di quello che beviamo latte non più. Ma cos'è il latte? tutti sanno che è prodotto dalle ghiandole mammarie dei mammiferi per nutrire i cuccioli.
Ma da un punto di vista fisico è semplicemente un'emulsione di un grasso in acqua grazie anche alla presenza di una proteina, la caseina.
La composizione del latte è molto più complessa, sono presenti anche carboidrati tra cui uno zucchero, il lattosio che è un disaccaride formato da una proteina di glucosio e una di galattosio e che spesso causa di un'intolleranza. Come nel mio caso.
A me il latte piace molto ma ormai non lo posso bere più pena dolori e fastidi.
Poi ho scoperto questo latte di Salvaderi, dove la presenza di diverse sostanze ed enzimi "naturali" come la betacaseina A2A2 ne aumentano la digeribilità. Io l'ho assaggiato con cautela e non ho avuto disturbi e quindi poi me ne sono bevuta alcuni bicchieri in più giorni ritrovando il piacere del latte freddo.
Si è parlato molto in questi giorni di questo latte sui social, la sua notorietà si diffusa a macchia d'olio. Secondo alcuni pilotata con una precisa azione di marketing, secondo altri no, tra cui me, grazie invece alle sue caratteristiche peculiari.
Proviene da mucche allevate e nutrite solo ad erba. Tanto per iniziare. Mucche che pascolano libere e vivono fino a 14-15 anni contro i 4-5 della maggior parte delle mucche da latte allevate a mangimi e chiuse in stalla.
Sul sito di Salvaderi è spiegato tutto, io mi sono incuriosita, l'ho comprato e assaggiato. Già l'aspetto colpisce, giallo chiaro invece che bianco candido e con il grasso che tende a concentrarsi nel collo della bottiglia perché non è omogeneizzato.
A me e non solo ha ricordato il latte crudo che da bambini andavamo a prendere e che doveva essere bollito prima del consumo.
Il contenuto in grassi è simile un latte di alta qualità ma non essendo omogeneizzato i granuli più grossi di grasso lasciano in bocca una sensazione di maggiore morbidezza e grassezza.
A Roma è stato portato grazie al lavoro di Stefano Mariotti, Giorgio Pace e Gae Saccocio e quando l'ho visto nel mio negozio di fiducia, Le Officine del Gusto, l'ho preso subito.
L'ho usato per preparare un dolce ungherese, molto simile alle crepes francesi, diffuse ormai in tutto il mondo. Si chiama Palacsinta e pare che derivi il nome dalla placenta, una focaccia bassa dell'antica Roma.
In Ungheria se ne trovano diverse ricette, dolci e salate. Non è stato facile orientarmi tra le tante proposte nel libro di cucina ungherese che mi ha regalato anni fa la mia amica Natalia Kourlovich, nata in Bielorussia, in italia ormai da così tanto tempo che conosce la nostra grammatica meglio di tanti italiani.
100 g farina
1 uovo
125 ml latte d'erba
100 ml acqua frizzante
1 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino olio di girasole spremuto a freddo bio
1 pizzico di sale
per condire:
marmellata di lamponi
marmellata di mirtilli
lamponi freschi
mirtilli freschi
zucchero a velo
Unire tutti gli ingredienti per le crespelle e lavorare bene con una frusta o con il minipimer. Lasciar riposare 30 minuti.
La consistenza della pastella deve essere come una crema fluida.
Spennellare una padella di olio (meglio se di ferro) e versare un mestolo di pastella. Cuocere a fuoco alto, voltare quando si stacca da sola.
Ogni volta ungere la padella e cuocere tutte le crespelle.
Farcire a piacere, io ho usato marmellata d lamponi e mirtilli e lamponi e mirtilli freschi. Spolverare con zucchero a velo e volendo servire accompagnando con panna semi montata.
Molto golosa questa ricetta mi piace anche l'utilizzo del latte in questa specie di crepes... certo la versione ungherese mi mancava!
RispondiEliminaCiao Elisa, sono contenta che ti piaccia :)
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